Ogni invenzione nasconde un pizzico di follia, ogni oggetto d'arte può vantare un papà un po' pazzerello.
I vicini di casa di Guglielmo Marconi, e anche qualche suo fattore, erano convinti che gli mancasse qualche rotella.
E Dalì e Picasso? Mai nessuno li ha ritenuti normali. La genialità, si sa, è figlia dello sragionare, dell'intuizione che riesce a superare gli schemi. E allora, in tempi di folle shopping, si può raccontare la storia strana e vera di «Che follia!», un negozietto di via Tribunali 308, nel cuore dei Decumani a Napoli.
Aperto nel 2008 dal gruppo Gesco, il punto vendita è gestito da giovani e adulti dei servizi di salute mentale dell'Asl di Napoli, per cui rappresenta l'ultimo passo di un percorso di reinserimento sociale. L'iniziativa è portata avanti dalla coop sociale Era e mira a creare a Napoli una vetrina dedicata a tutté quelle realtà produttive che fanno del benessere sociale la propria mission.
A «Che Follia!» si può acquistare di tutto, dalla birra realizzata da degenti psichici alla Sanità, la <<Antesaecula>>, fino a mobili restaurati. E poi cappelli, bijoux, quadri, statue di ceramica, borse di corda e carta. Ma anche pasta, vino e prodotti dell'agricoltura biologica. «L'obiettivo - si legge sulla pagina Fb dello showroom - è gettare le basi per un nuovo modello di consumo a Napoli e in Campania: un consumo che tiene conto del valore sociale. Che Follia! vende qualità, raccontando storie e regalando emozioni». Ma lo scopo è anche sensibilizzare i cittadini sulla pericolosità del pregiudizio sul riciclo, che come ogni cosa può essere creativo. E alla fine altro non è che la metafora dei più sfortunati, disabili e malati psichici, che dicono al mondo: nessuno si può buttare, tutti devono avere un'altra chance, soprattutto chi vive o ha vissuto un'esperienza di disagio e che rischia concretamente, senza l'aiuto e il supporto di una comunità attiva e coesa, di trovarsi ai margini, dimenticato, abbandonato come un rifiuto. Spesso i prodotti vengono «griffati>> con inomi delle coop sociali che li hanno prodotti. E così ci sono gli orecchini di "Alternative Jewellery" e i portapenne in cera mica firmati "Arteteca". In generale, tutto ciò che è in vendita esce dai laboratori di riciclo creativo realizzati nei centri diurni (Aquilone, Arteteca, Canone Inverso, Lilliput, Santa Maria Antesaecula), dalle realtà campane impegnate nel no profit (La Roccia, Mishin, artigiana del tessile, cooperativa Milleunamano, cooperativa Lo Scricciolo, artigiana di bijoux, cooperativa Nesis e carcere di Nisida, cooperativa Re-sistenza). A dirla alla napoletana da «Che follia!» cose da pazzi.
Info: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; www.eracoop.it
Fonte: Corriere Sociale - art. di Francesco Esposito